Le principali malattie emorragiche ereditarie, considerate “malattie rare” per la loro non frequente comparsa, sono l’Emofilia A, l’Emofilia B, la malattia di von Willebrand. L'alterazione è determinata dalla mancanza di una proteina plasmatica indispensabile all’attivazione del complesso sistema della coagulazione del sangue.
Sia l’Emofilia A che l’Emofilia B sono causate da una mutazione di un gene che codifica la produzione, rispettivamente, del fattore VIII (FVIII) e del fattore IX (FIX). La trasmissione di tale patologia avviene essenzialmente nei maschi attraverso un tipo di ereditarietà definita diaginica in quanto veicolata solo dalla donna che ne risulta di conseguenza portatrice.
Il quadro clinico è caratterizzato da episodi emorragici di tipo muscolare (ematomi) ed articolare (emartri) sia spontanei che post-traumatici. Non mancano però emorragie soprattutto post-traumatiche a rischio di vita, come le emorragie intracraniche. In passato le forme gravi di questa malattia (fattore VIII e IX circolanti < 1%) hanno determinato nei pazienti atropatie gravi ed invalidanti con notevole compromissione della qualità di vita. La frequenza dei casi è di 1:10.000 per l’Emofilia A e di 1:60.000 per l’Emofilia B. La Malattia di von Willebrand è determinata dalla mancanza del fattore von Willebrand indispensabile per l’emostasi primaria e secondaria. La frequenza dei casi è più alta dell’Emofilia e rappresenta l’1% della popolazione. Le manifestazioni emorragiche sono essenzialmente di tipo mucosale (epistassi, gengivorragie, ecchimosi, ematomi) . Nella donna è spesso presente un flusso mestruale abbondante (menorragia). La trasmissione è nella maggior parte dei casi di tipo autosomico dominante e può comparire sia nei maschi che nelle femmine.
Esistono delle indagini di laboratorio che permettono di porre diagnosi?
In generale di fronte ad una anamnesi positiva per diatesi emorragica personale e familiare esistono degli esami di laboratorio di primo livello che permettono di confermare o escludere la presenza di una coagulapatia.
Questi sono il Tempo di Protrombina (PT), il Tempo di Tromboplastina Parziale Attivata (APTT), Il Fibrinogeno, la Conta piastrinica, il Tempo di Emorragia. Nel caso dell’Emofilia e della Malattia di von Willebrand l’alterazione più frequente è l’allungamento dell’APTT. Il prolungamento del Tempo di Emorragia è presente invece nella sola Malattia di von Willebrand per la compromissione della funzionalità piastrinica. In presenza di un’alterazione di questo primo step di esami si passerà ad effettuare esami di laboratorio di secondo livello che prevedono il dosaggio dei fattori della coagulazione per caratterizzare il tipo di coagulopatia.
Di fronte ad una storia familiare positiva per emofilia, è possibile effettuare le diagnosi molecolare di portatrice nelle donne in gravidanza, sia attraverso la ricerca dei cosiddetti marcatori extragenici o intragenici, sia attraverso la ricerca della mutazione genica responsabile della malattia. Inoltre attraverso la diagnosi prenatale è possibile offrire ai genitori la possibilità di conoscere in anticipo se il feto è affetto da Emofilia.
Il DNA fetale è possibile ottenerlo attraverso il prelievo dei villi coriale (tra la 10a e la 12a settimana di gestazione) o con l’ amniocentesi (tra la 16a e la 18a settimana di gestazione).
Quali sono le terapie per queste patologie?
Le terapie consistono essenzialmente nella somministrazione dei concentrati del fattore della coagulazione carente che possono essere plasma-derivati o ottenuti da DNA ricombinante. Quest'ultima innovazione ha permesso di annullare il rischio di contaminazioni virali che invece in passato sono state causa di infezioni da virus epatitici e da HIV. La tecnologia ricombinante ha permesso di somministrare la terapia sostitutiva con grande tranquillità soprattutto nei bambini ed ha consentito la diffusione della profilassi, obiettivo primario da perseguire per il miglioramento della qualità di vita di questi pazienti. La comparsa di anticorpi contro il fattore carente rappresenta una complicanza di queste patologie e rende vana ogni tipo di terapia. Fortunatamente grazie all’introduzione dell’immunotolleranza, che consiste nella somministrazione di grandi quantitativi di fattore carente, allo scopo di esaurire il clone anticorpale, è stato possibile in molti casi eliminare anche questa complicanza. Purtroppo il costo di questi farmaci è estremante alto e qualche volta rappresenta un ostacolo alla normale diffusione delle strategie terapeutiche più opportune pur essendo considerate quest’ultime "salva vita".
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